LA BILANCIA DEL WELFARE AZIENDALE
L’Italia è un Paese in cui si fanno sempre più evidenti i mutamenti relativi alla struttura sociale e demografica, palesando la presenza di nuovi rischi sociali, che si sommano alle conseguenze relative alla recente crisi economico-finanziaria.
Pubblicato il 24.4.2019
A subire forse gli attacchi maggiormente rilevanti è stato il sistema di protezione sociale pubblico, soprattutto nella sua capacità di presentare risposte efficaci alle richieste provenienti dai cittadini.
L’ovvia conseguenza è stata l’emergere di forme di intervento sociale capaci di mobilitare risorse economiche (private), in grado di integrare e sostenere il welfare state.
Questo «secondo welfare» è un caleidoscopio di misure in cui trovano posto anche le iniziative di welfare occupazionale.
In generale, però, il welfare aziendale mira ad aumentare il benessere personale, lavorativo e familiare dei dipendenti.
Pertanto, in tale ampia descrizione, rientrano gli interventi, pensati per la totalità dei dipendenti (o, al massimo, per categorie omogenee di essi), i quali includono:
- il sostegno al reddito familiare, allo studio e alla genitorialità;
- la tutela della salute;
- la previdenza complementare;
- gli interventi per agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
Nel mondo del welfare aziendale rientrano anche le forme di flessibilità oraria e lo smart working che si prefiggono di facilitare l’articolazione dei tempi personali e lavorativi.
Per quanto concerne l’ambito normativo, si ricorda che il welfare aziendale è disciplinato dagli articoli 51 e 100 del TUIR, sebbene lo stesso legislatore non abbia fornito una definizione chiara e distinta di welfare aziendale. Nella regolamentazione sono riportati solo una serie di benefit destinati ai lavoratori dipendenti tali da non concorrere a formare reddito da lavoro dipendente e, di conseguenza, beneficiari di un particolare e vantaggioso trattamento fiscale.
La “nascita” di forme di welfare aziendale può essere ricondotta ad un’iniziativa assunta unilateralmente dall’impresa la quale, mediante un regolamento vincolante o meno e pur mancando il coinvolgimento delle rappresentanze sindacali, decide di realizzare un’offerta di misure di welfare; oppure può derivare da un accordo collettivo riguardante l’impresa o le associazioni di rappresentanza datoriale e le organizzazioni sindacali dei lavoratori.
A tal proposito, le iniziative di welfare possono essere definite in vari livelli contrattuali:
- nazionale (Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro, CCNL),
- territoriale (regionale o provinciale),
- di gruppo o di singola azienda.
C’è da precisare un elemento importante: le diverse tipologie di welfare non sono alternative, ovvero possono integrarsi anche nella stessa impresa.