CONVERGENZE TRA PIANO WELFARE E REGOLAMENTO AZIENDALE
Nonostante l’aumentato interesse tra operatori del settore e lavoratori in materia di piani di welfare aziendale, è difficile individuare le definizione completa di cosa è “welfare aziendale”.
Pubblicato il 20.2.2019
Pur tuttavia, è generalmente accettato il fatto che esso possa essere inquadrato come un raggruppamento composito di attività approntate dal datore di lavoro al fine di incrementare il benessere dei lavoratori e delle loro famiglie.
La predisposizione di beni, servizi e prestazioni può avvenire facendo ricorso a piani di welfare contrattuali o unilaterali, ovvero usufruendo di un regolamento.
A tal proposito si registra la Risposta dell’Agenzia delle Entrate (interpello n. 10/2019) mediante la quale l’Amministrazione Finanziaria ha confermato (dopo la circolare 28/E/2016) che è permessa la piena deducibilità, secondo quanto stabilito dall’art. 95 TUIR, dei costi affrontati dalla società relativamente ai benefit riconosciuti ai dipendenti o ai loro familiari.
Imprescindibile, comunque, che il regolamento determini l’assolvimento di un obbligo negoziale, ossia non risulti suscettibile di revoca o modifica in maniera autonoma da parte del datore di lavoro nel periodo di vigenza.
Qualora tale eventualità si verificasse, l’atto concretizzerebbe una condotta volontaria. La precisazione dell’Agenzia è estremamente rilevante, dato che evidenzia come siano realizzabili piani di welfare non solo contrattuali, ma anche conseguenti la libera iniziativa del datore di lavoro, a patto che risulti, comunque, regolamentata.
Sempre l’Agenzia chiarisce che, relativamente agli individui oggetto delle iniziative datoriali, per far in modo che i servizi non diano vita ad un reddito imponibile proprio del lavoratore, bisogna che siano approntati anche per la generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti.
A proposito di ciò, è precisato che: ogni qualvolta le somme o i servizi previsti dal piano di welfare rilevino il carattere ad personam, determinando benefici esclusivamente per determinati lavoratori, dovranno essere inclusi nella base imponibile ai sensi art. 51, c. 2 TUIR.
Relativamente al concetto di “categoria di dipendenti” si sottolinea come si debba sì far riferimento alle categorie previste dal Codice Civile, ma anche a tutti i dipendenti rientranti in una determinata tipologia, a patto che queste assegnazioni bastino a precludere il fatto che siano fornite erogazioni ad personam in esenzione totale o parziale da imposte.
Infine, l’Amministrazione Finanziaria chiarisce che il regime di non concorrenza al reddito di lavoro dipendente è possibile per il titolare di un contratto di somministrazione a tempo determinato (somministrato nell’azienda ove è operativo il piano welfare) come per lo stagista titolare di un reddito assimilato a quello di lavoro dipendente ai sensi art. 50, c. 1, lett. c) TUIR.
Il documento di prassi, fornito dalla Agenzia delle Entrate, si configura come un importante tassello funzionale alla diffusione di uno strumento, il welfare aziendale, che punta alla soddisfazione dei bisogni e all’incremento del benessere dei lavoratori e delle loro famiglie, agevolando contestualmente la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.